Laicità e politica
Occuparsi di laicità significa, oggi, occuparsi della fisionomia che la democrazia può assumere nel nostro Paese.
Argomento “classico” del dibattito politico-culturale, la laicità si definisce come il metodo e la logica idonei a ostacolare il fondamentalismo e il dogmatismo in qualsiasi ambito essi si manifestino: la politica, la religione, la società, la scienza.
I
suoi “strumenti” – l’affermazione
di libertà di coscienza, di conoscenza, di credenza, di critica – si sono
tradizionalmente declinati nella distinzione tra diritto e morale, tra politica
e religione; nell’affermazione del principio di neutralità delle istituzioni e di
legalità; nei termini
della difesa della parità di trattamento e della lotta contro qualunque forma
di privilegio; nella fissazione dei limiti giuridici e istituzionali a tutte le
forme di potere; nella tutela delle minoranze; nella distinzione, concettuale e
politica, tra stato laico e stato etico.
Oggi, in un contesto nel quale il tipico concetto di sovranità dello Stato trova i suoi limiti nella progressiva affermazione di uno spazio culturale di regolazione giuridica, dove la protezione dei diritti fondamentali della persona riguarda sempre di più entità sovranazionali sganciate dal riferimento alla terra di nascita, l’acquisizione di un approccio laico costituisce una preziosa risorsa per la costruzione di un’identità democratica consona alle necessità del mondo contemporaneo.
Superata, almeno nell’Occidente democratico, la lunga fase di affermazione dell’autonomia dello stato rispetto alle pretese universalistiche della chiesa, tramite l’elaborazione del diritto moderno, oggi le stesse società si trovano ad affrontare le dinamiche complesse del mondo globalizzato e multiculturale, che riguardano non solo il confronto con culture e fedi “altre” – già in atto anche nel nostro paese – ma l’emergenza di una nuova e importante serie di bisogni legati alla persona che attendono di essere trasformati formalmente e sostanzialmente in diritti.
Dunque, garantire un confronto
pacifico e costruttivo tra culture eterogenee, definire e fondare un nuovo
rapporto tra “pubblico” e “privato”, che riguarda non solo i temi eticamente
sensibili, ma rappresenta il rinnovato approccio ai temi delle “opportunità
pari”, sono i due capisaldi di questa nuova identità democratica e tratteggiano
il confine di un’azione politica che può essere garantita solo dal profondo
radicamento di un atteggiamento anti-fondamentalista, che unicamente una
concezione laica dello stato può incarnare.
Politiche
La
neutralità dello stato tra diverse concezioni e l’indipendenza delle
istituzioni politiche da qualunque dottrina costituiscono
l’orizzonte pubblico entro cui è possibile costruire uno spazio politico della laicità.
Il
multiculturalismo pone la questione della regolamentazione
delle forme di convivenza, all’interno dello stesso territorio, di soggetti che
sono portatori di etiche diverse e che, in numerose circostanze, agganciano
l’appartenenza ad una religione (e la sua ostentazione tramite l’esposizione di
un certo abbigliamento o di altri simboli) alla difesa della propria identità
culturale. Il modello di convivenza può risolversi alla francese, cioè
proponendo una concezione dello stato, a sua volta, produttore di valori
assoluti, anche se laici dal punto di vista dei contenuti; oppure regolare gli
assetti tenendo presente la coesistenza di due principi: il pluralismo (delle
fedi, delle culture, delle religioni, delle credenze, delle tradizioni, delle autonomie
culturali dei diversi attori sociali, vecchi e nuovi) e la libertà individuale
(delle scelte delle donne islamiche di indossare il velo,
della libertà di osservare le usanze della propria religione, integrandole con
le regole dello stato ospitante). Dalla scelta dei due modelli di laicità
proposti, ne discendono politiche le une di “tolleranza”, le altre di
“integrazione”.
Allo
stesso modo, si tratta di ridefinire in forme nuove ed
attuali il vecchio rapporto tra “pubblico” e “privato”: la prassi dell’esercizio
pubblico delle opzioni individuali ed esistenziali - dovuta al progresso
scientifico e tecnologico che ha trasformato la naturalità degli eventi in
elementi di scelta critica ed autonoma – ha rideterminato le questioni
“personali”, tradizionalmente sottoposte al giudizio delle coscienze, in
termini sociali. Creando, inevitabilmente, un attrito con le gerarchie
ecclesiastiche e con la diffusa concezione di un cattolicesimo “militante”, che
da oltre un ventennio va affermandosi soprattutto nel nostro paese, che non ha
avuto una classe dirigente politica altrettanto autonoma dai dettami
ecclesiastici come in altre nazioni dell’Europa.
Anche
in questo caso si tratta di attuare una sintesi in politiche il più possibile
condivise, dopo l’apertura di dibattiti pubblici che contribuiscano a creare
quel clima culturale e politico che favorisca lo sganciamento dalle tesi per le
quali solo la chiesa cattolica è legittimata a governare gli argomenti della
vita, della morte, della sessualità.
L’acquisizione
di un “paradigma antropocentrico” non dogmatico potrebbe essere la prospettiva
ideale e ispiratrice di una prassi concreta entro la quale collocare un’azione
politica ispirata non solo al riconoscimento dell’ autonomia
delle scelte etiche con rilevanza sociale, in un quadro normativo che permetta
ampia possibilità di alternative, ma la riconversione della prospettiva delle
opportunità da offrire a coloro che in questo momento ne hanno di meno: donne,
giovani, anziani, immigrati. Si tratta cioè di trasformare le politiche
protezionistiche che fino ad ora, per esempio, hanno ispirato l’azione
riformatrice di genere, in prospettive attive di apertura delle strettoie
sociali e morali che impediscono un percorso “pari”
all’affermazione delle donne.
La
laicità dunque ha necessità di essere acquisita come una dimensione culturale e
politica di deciso superamento delle prospettive anticlericali e di
affermazione di relativismi culturali che, di fronte alle sfide del terrorismo
internazionale, hanno mostrato tutto il loro limite.
E’
necessario che la laicità - liberandosi da una sorta di subordinazione
culturale - si ponga definitivamente come una prospettiva di metodo, entro la
quale organizzare e strutturare azioni legislative e
ispirare assetti sociali, ai fini dell’attuazione di politiche autonome, ma
dialoganti, ponendosi così come inevitabile presupposto, nelle democrazie
attuali, per una gestione condivisa delle dinamiche della pluralità e
dell’esercizio delle libertà individuali.